PERSONAGGIO. Incontro in Gran Guardia con gli studenti che hanno reinterpretato la sua opera
Manara, dalle eroine a fumetti alla lezione sul ruolo femminile
«Se fossi nato donna non credo che avrei avuto le stesse possibilità»
Pandora, Molly, Miele e le altre eroine di Milo Manara protagoniste di una inedita «Zattera della Medusa», riproduzione in chiave pop del capolavoro di Théodore Géricault e di diverse opere di arte cubista, futurista, espressionista e dadaista. È l’omaggio degli studenti veronesi a uno dei più importanti maestri italiani del fumetto.Ieri alla Gran Guardia la rete «Scuola e territorio: educare insieme» ha riunito quasi 600 ragazzi di terza, quarta e quinta superiore del liceo artistico, dei licei Copernico, Maffei, Messedaglia, istituto Pindemonte e Centro di formazione Canossiano, e un centinaio di allievi dell’Accademia di Belle Arti per l’incontro con Manara sul tema «La donna tra immaginazione e realtà». In bella mostra, sul palco, alcune riproduzioni dei suoi personaggi femminili ad alta intensità erotica, reinterpretati dalle classi dell’artistico e della Aba.Fausto Spaliviero, docente di Anatomia artistica, ha introdotto Manara preceduto dai saluti della coordinatrice della rete, la professoressa Daniela Galletta. L’incontro è stato organizzato in collaborazione con Aba e il liceo artistico, ieri presente con 300 studenti, alcuni docenti e la preside Mariangela Icarelli.Solleticato dalle domande dei ragazzi, Manara ha ripercorso aneddoti della sua vita di disegnatore. Il fumettista si avvicina al traguardo dei cinquant’anni di carriera senza l’intenzione di riporre la matita, anzi, non manca molto all’uscita del secondo volume della graphic novel a colori «Caravaggio. La tavolozza e la spada» che racconta la vita del grande pittore. Negli anni ha collaborato con i più importanti artisti del Novecento italiano, da Hugo Pratt a Federico Fellini.Perno della conversazione è stato il ruolo in continua evoluzione della donna, di cui Manara è attento osservatore. Le figure a cui ha dato vita sono state anche il sintomo della libertà tutta al femminile che ha fatto capolino a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso. «Se fossi nato donna non credo che avrei avuto le stesse possibilità», ha detto. «Negli anni Sessanta, anche in ambienti molto progressisti come quello in cui lavoravo io, le ragazze erano gli angeli del ciclostile. Cioè facevano un lavoro di routine, mentre i cervelli pensanti erano maschili. Anche oggi la società sta dimenticando di avere un’ascendenza classica greca che rappresenta al femminile alcune virtù fondamentali, come la saggezza. I femminicidi sono il sintomo di una comunità che non si adatta al nuovo ruolo della donna».