Progetto Scuola per Genitori ed Educatori di Prospettiva Famiglia
I DISTACCHI
PASSAGGI NECESSARI ALLA CRESCITA DELLA PERSONA E ALLA SUA EVOLUZIONE
17 gennaio 2019 – Centro civico “N.Tommasoli”
Relatrice:
- Amelia MASSIGNAN, psicologa
Una cinquantina di volonterosi hanno sfidato la pioggia di questa serata invernale per venire ad ascoltare la dr.ssa Massignan nell’esposizione del concetto di distacco. Un termine che sottende varie situazioni in cui ci si allontana e in cui è determinante anche da chi e da cosa. Un fato è certo: non sempre il distacco va visto come una situazione negativa, anzi! In alcuni casi, il distacco è indispensabile per consentirci una maturazione vera e propria e per far sì che su cominci a camminare con le nostre gambe. Sicuramente quando si dice distacco vengono in mente varie situazioni: chi pensa alla situazione più drammatica del “passaggio a miglior vita” e quindi il distacco da questo mondo e dai propri cari, ma prima di questo ve ne sono molti altri; addirittura, già quando nasciamo c’è un primo distacco, quello ombelicale, in cui smettiamo di essere un corpo e un’anima sola con nostra madre per assumere una nostra individualità. Il distacco implica in generale la rottura di un legame fondamentale, che verte su alcuni punti chiave:
- Innanzitutto, le nostre esperienze di perdite risalgono al legame madre-figlio;
- Poi si assiste ad una relazione simbiotica, quasi una beatitudine fra il neonato e la madre;
- Segue l’abbandono dell’unicità madre-figlio;
- Ed infine, un processo di separazione-individuazione.
Il distacco è importante quindi anche nel bambino, allorché smette di pensare che “lui sia solo della mamma” e che “la mamma sia tutta sua”, ma comincia a ragionare in un’ottica più realistica in cui comprende che il legame non è di unicità, ma va via via allentandosi. Un rapporto di amore che evolve e che presenta dei limiti; quali sono questi limiti? Sicuramente l’ambivalenza delle relazioni d’amore, ossia un rapporto d’amore che è infarcito anche del suo contrario, ossia l’odio (quante volte si sente dire che proprio nei confronti del proprio migliore amico, lo si odia per aver fatto questo o quello …). La madre impartisce le prime lezioni d’amore, mentre sta poi al padre svilupparle. Il padre che costruisce il rapporto madre-figlio, ma contribuisce anche a distruggerlo per far uscire il figlio da quella esclusività del rapporto con la madre (il bambino sempre attaccato alla madre, che la vuole tutta e solo per sé). Il padre quindi che incoraggia l’autonomia del figlio e la sua individuazione, intesa quest’ultima come identificazione di sé come individuo a sé stante e non più come appendice della madre. L’amore quindi è visto come sentimento che va condiviso, contrariamente al bambino che vuole il possesso assoluto del proprio oggetto d’amore; egli nutre il desiderio di essere l’unico oggetto dell’amore del proprio genitore, al punto che quando nasce un fratellino, egli sviluppa sentimenti di smarrimento e di tradimento, che lo portano a rivaleggiare col nuovo arrivato. Il senso di perdita è legato al fatto che si crede che l’amore sia indivisibile, ma ciò non è vero in quanto l’amore si estende al di là della coppia madre-figlio. Infatti, la maggio parte dell’amore che riceviamo in questo momento lo dobbiamo dividere e questa spartizione comincia già a casa con i nostri fratelli. Considerato che la perdita è spesso fonte di angoscia, cerchiamo di introdurre delle difese; ecco allora la nascita della coscienza; verso i cinque anni, c’è lo sviluppo del Super-Io; è quel momento della vita del bambino in cui egli si crede padrone del mondo, comincia ad allontanarsi dalla madre, ma sempre col segreto convincimento che lei sia lì nei paraggi, che basti girare lo sguardo per ritrovarla. Come risolve il confitto edipico? Grazie alla coscienza, che ci pone delle limitazioni. Il senso di colpa è la parte inibitoria della nostra coscienza, così come nella coscienza risiede l’Io ideale, ossia l’immagine di sé come desideriamo e speriamo di essere. L’ideale dell’Io è prezioso perché consente di sostituire due grandi perdite: quella del Sé grandioso (senso di onnipotenza) e il narcisismo infantile, che se non opportunamente circoscritto può portare problemi nell’età adolescenziale allorché il Sé reale prende il sopravvento e si evita di prendere qualche terribile schiaffo se siamo ancora nel pieno del nostro narcisismo. Un altro momento della nostra vita che ci porta a vivere dei distacchi è la vecchiaia, dove ci troviamo ad affrontare perdite importanti (per es. la perdita della salute e i limiti fisici) o la perdita del lavoro per il passaggio al pensionamento. Soprattutto per l genere femminile, inoltre, è particolarmente sentita la perdita di quella bellezza giovanile, che probabilmente dava forza e coraggio nelle proprie azioni; per ritrovarla, ecco allora fior di donne alla ricerca di cosmetici o “ritocchi” pur di mantenere il fascino di un tempo. Per poter vivere una buona vecchiaia serve quella che viene definita la trascendenza dell’Io, ossia capacità di provare piacere nel piacere dell’altro, o la capacità di preoccuparci degli eventi che non sono in diretta relazione con i nostri interessi personali; infine, serve la capacità di investire noi stessi nel mondo di domani.
Come si vede, quindi, certi distacchi sono estremamente dolorosi, mentre altri sono, non solo importanti, ma addirittura fondamentali per consentirci una piena realizzazione e per maturare quella sicurezza di sé, come individuo isolato, autonomo e pensante. Si pensi al famoso caso dei cosiddetti “bamboccioni”, ossia figli che, nonostante il raggiungimento di un’età adulta, non si staccano dalle mura familiari, crogiolandosi negli agi proposti dai genitori, ma dimenticando che la mancanza di esperienze personali e dirette, gli impedisce di maturare quella sicurezza di sé e quell’autonomia che è lecito pretendere da un soggetto adulto.
E d’altro canto, la Bibbia stessa ci viene in aiuto quando cita: “lascerai la casa di tuo padre e di tua madre per andare ad abitare terre nuove”; è in questo distacco dalla madre e dal padre, che si suggella l’opera di educazione dei genitori e che raggiunge la sua pienezza quando il figlio esce di casa per ritornarvi più avanti, ma solo per salutare e per stringere a sé i propri genitori, mostrando la sua nuova famiglia.
Come si può notare la nostra vita è un susseguirsi di tappe e di distacchi, che dobbiamo imparare a vivere con animo positivo e cercando di vedere in essi, non solo la perdita di qualcosa (abitudini, volti, ambiente, ..), ma anche la conquista di qualcosa che ci si prospetta là fuori, appena lasciato l’uscio di chi ci ha messo al mondo.
Grazie alla dr.ssa Massignan che ha sapientemente illustrato questo concetto così importante al pubblico presente al centro civico Nicola Tommasoli.
A presto.
Per PROSPETTIVA FAMIGLIA
dott. Paolo STEFANO
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